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Da sinistra, Rosa Bianca Colonna, Lina Noto, Iole Natoli |
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1980, Palermo. Per giungere alla Corte
Costituzionale al fine di far dichiarare incostituzionale la prassi vigente in regime matrimoniale, Iole Natoli
intenta causa civile contro lo Stato nelle persone del Ministro dell’Interno
e del Sindaco perché alle sue due figlie, nate rispettivamente nel 1966 e nel
1968, è stato trasmesso soltanto il cognome del padre e non anche il suo. È
il primo caso in Italia.
1982. Il giudice palermitano
rigetta l’eccezione di costituzionalità dell’art. 237 comma 2° codice civ. in
relazione agli artt. 3 comma 1°, 29 comma 2° e 30 comma 1° della Costituzione.
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Precisa nella motivazione di rigetto che «la norma
contenuta nell’art. 237, 2° comma cod. civ.» attesta il diritto del figlio
legittimo «di portare il cognome del padre» e non «il diritto di trasmettere
ai discendenti il proprio cognome»; essa, dunque, non attribuisce tale
diritto «al padre (o al marito), trattandosi di un diritto di esclusiva
pertinenza di questi ultimi» cioè dei figli «e quindi da essi soltanto
reclamabile».
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Per la combinazione degli artt. 6, 1° comma e 237, 2°
comma del cod. civ. e 73 Ord. st. civ., è il figlio che acquista il cognome del padre e non è dunque il padre che glielo dà. Ne consegue che
la madre non può richiedere l’esercizio d’un pari diritto visto che quel
diritto non esiste.
Nel respingere l’istanza della proponente, il giudice
decide di compensare le spese tra tutte le parti per «la assoluta novità delle
questioni trattate».
Indicazioni contenute nella
sentenza. Si evidenzia che «la Carta
Costituzionale considera il nome esclusivamente come un bene personale (art.
22) che la Repubblica si impegna a riconoscere e garantire annoverandolo tra
i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni
sociali (art. 2)». Rilevando che il diritto al cognome è dunque “strettamente
inerente alla persona che rappresenta e individua in sé medesima e nelle sue
azioni», il relatore aggiunge che «per mezzo di tale diritto si realizza il
bene dell’identità, consistente nel distinguersi nei rapporti sociali, dalle
altre persone, risultando per chi si è realmente e» (per mezzo di tale diritto)
«riceve quindi tutela la identità personale; e l’identità
personale è un modo di essere morale della persona». La tutela di tale bene
sarebbe così alla base d’un «sistema imperniato sul riconoscimento e la
garanzia dei diritti dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 cit.) - prima fra tutte la
famiglia - e sull’impegno di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno
sviluppo della persona umana (art. 3, 2° comma Cost.)» [Trib.
di Palermo, sentenza 865 del 1982, presidente Stefano Gallo, relatore
Salvatore Salvago].
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